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Sicilia "chiusa" nella Fase 2, la protesta di chi vuole rientrare: «Tornare a casa è un diritto»

La Sicilia entra da domani nella Fase 2 dell'emergenza Coronavirus ma per chi vuole tornare sull'Isola dalle altre regioni ancora niente da fare. Il governatore Nello Musumeci ha dichiarato la Sicilia off limits almeno fino al 17 maggio (e non ha escluso prolungamenti della decisione per tutto il mese).

Nessun treno oltre Villa San Giovanni, aerei e navi che arriveranno nello stesso ordine e nella stessa quantità. Anche le ragioni per poter accedere all'Isola non hanno subito variazioni: gravi e urgenti, di stretta necessità, salute e lavoro. Una "stretta" che ha dato i suoi frutti, visti i numeri relativamente contenuti dell'epidemia in Sicilia.

Ma la decisione del presidente della regione stavolta ha sollevato un coro di protesta unanime da tutti i siciliani che ora chiedono a gran voce di tornare nella loro terra. Gente che ha perso il lavoro, che non ha più soldi per tirare avanti o che dopo mesi vuole semplicemente ritrovare i propri cari: «Tornare nelle nostre case è un diritto», urlano a gran voce.

«Presidente Musumeci sono siciliano anch’io». È l’appello che un gruppo di studenti e giovani lavoratori che vivono fuori dalla Sicilia hanno affidato al web con l’hashtag #fatecitornare. Hanno postato i loro video sui social. Raccontano di essere fuorisede. Vivono a Ferrara, a Milano, Torino, Bologna. Alcuni hanno perso il lavoro.

Altri raccontano che i genitori - lavoratori autonomi - non possono sostenerli perchè a loro volta vittime delle difficoltà economiche causate dalla pandemia. Con un gruppo Telegram stanno cercando di far sentire la loro voce. Chiedono un "protocollo di emergenza" un rientro in sicurezza, voli ad hoc.

Musumeci anche stavolta però sembra inflessibile e ha già dichiarato nonostante un dato, tranquillizzante o meno a seconda dei punti di vista, arrivato proprio ieri: su 25000 persone rientrate in Sicilia dal nord o dall'estero subito dopo lo scoppio della pandemia, ne sono risultate positiva circa 250, l'1% circa.

A Reggio Calabria e Villa San Giovanni, le due città di «confine» marittimo con la dirimpettaia Sicilia, nulla o quasi cambierà a partire da domani. Già dall’avvio dell’emergenza Covid-19, e poi dalla successiva emanazione dell’ordinanza del presidente Musumeci che ha blindato la Sicilia, agli imbarcaderi e agli aliscafi vi sono controlli 24 ore su 24 messi in campo dal dispositivo interforze coordinato dal questore di Reggio Calabria, Maurizio Vallone.

I mezzi pesanti che trasportano merci per l’isola hanno continuato a viaggiare anche durante l’emergenza coronavirus, così come i pendolari, soprattutto personale sanitario e forze dell’ordine che vivono e lavorano a cavallo delle due sponde. A facilitare il lavoro delle forze dell’ordine è arrivato nelle settimane scorse il pass rilasciato dalla Regione Sicilia a quanti devono spostarsi quotidianamente. Lo si ottiene mandando una email alla Regione, tramite la quale il lavoratore pendolare viene censito.

Fino al giorno 17 maggio rimangono congelate le limitazioni all’accesso nell’isola, per cui fino ad allora si potrà continuare ad accedervi solo per ragioni di stretta necessità, di salute o di lavoro. Ulteriore chiarimento è arrivato ieri dal Viminale. «La giustificazione di tutti gli spostamenti ammessi, in caso di eventuali controlli, può essere fornita nelle forme e con le modalità consentite. La giustificazione del motivo di lavoro può essere comprovata anche esibendo adeguata documentazione fornita dal datore di lavoro (tesserini o simili) idonea a dimostrare la condizione dichiarata».

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