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Arrestata Rosalia Messina Denaro, la sorella del boss tradita da un "pizzino"

I carabinieri del Ros hanno arrestato, con l’accusa di associazione mafiosa, la sorella del boss Matteo Messina Denaro, Rosalia. L’inchiesta è stata coordinata dalla Procura di Palermo. Secondo gli inquirenti, la donna avrebbe aiutato per anni il fratello a sottrarsi alla cattura e avrebbe gestito per suo conto la «cassa» della «famiglia» e la rete di trasmissione dei 'pizzini', consentendo così al capomafia di mantenere i rapporti con i suoi uomini durante la sua lunga latitanza.

Il gip, "Rosalia importantissimo punto di snodo"

«Risulta inconfutabilmente accertato, innanzitutto, che Rosalia Messina Denaro ha costituito un importantissimo punto di snodo delle comunicazioni del fratello latitante, non soltanto con i membri della sua famiglia di origine, ma, soprattutto, ed è ciò che qui rileva, con un elevato numero di soggetti a vario titolo coinvolti nelle attività di interesse dell’associazione mafiosa Cosa nostra operante nel territorio di Castelvetrano e comuni limitrofi di cui il latitante medesimo costituiva - e ha continuato a costituire sino al suo arresto - il vertice incontestato ed incontrastato». Così si esprime il gip di Palermo, Alfredo Montalto, nell’ordinanza con cui dispone la misura cautelare del carcere nei confronti di Rosalia Messina Denaro, 68 anni, sorella maggiore del boss Matteo Messina Denaro (catturato il 16 gennaio scorso), arrestata questa mattina dal Ros per associazione mafiosa.

Rosalia detta Rosetta è madre di Lorenza Guttadauro, legale del boss

Rosalia detta Rosetta, la maggiore delle quattro sorelle di Messina Denaro, è madre di Lorenza Guttadauro, avvocato che, dal giorno del suo arresto, assiste il capomafia, e moglie di Filippo Guttadauro che ha scontato 14 anni per associazione mafiosa ed è tuttora in carcere al cosiddetto 'ergastolo bianco'. Il secondo figlio della donna, Francesco, nipote prediletto del padrino trapanese, sta espiando una condanna a 16 anni sempre per associazione mafiosa. L’operazione che ha portato all’arresto di Rosalia Messina Denaro è stata condotta dal Ros, dai carabinieri del Comando provinciale di Trapani e dello squadrone eliportato dei Cacciatori di Sicilia. La misura cautelare è stata disposta dal gip Alfredo Montalto. Sono in corso decine di perquisizioni in provincia di Trapani.

Le falle nella rete

Come tutti gli storici latitanti mafiosi, costretti a trovare il modo per comunicare nonostante la vita alla macchia, anche Matteo Messina Denaro usava i 'pizzini'. Emerge dall’inchiesta del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido che ha portato oggi all’arresto della sorella del boss, Rosalia, vera e propria collettrice dei biglietti del fratello. Decine i 'pizzini' scoperti dopo l’arresto dell’ex latitante. Messaggi arrotolati, sigillati con il nastro adesivo, spesso avvolti in piccoli pacchetti, e indirizzati a destinatari indicati con nomi in codice di «Fragolone (soprannome della sorella Rosalia ndr), Fragolina, Condor, Ciliegia, Reparto, Parmigiano, Malato, Complicato, Mela». I 'pizzini' venivano veicolati attraverso una catena, più o meno lunga, di fedelissimi, che lo stesso boss, nei suoi scritti, definiva 'tramiti'.

Nel sistema del latitante finora ancora più impenetrabile di quello degli altri capi, però, c'era una falla. Per anni Messina Denaro ha adottato mille cautele, prima fra tutte quella di non lasciare traccia dei biglietti che venivano rigorosamente distrutti dopo la lettura. Stavolta però il boss è stato il primo a non osservare la regola «avendo la necessità di dialogare in termini più brevi e con minori precauzioni con i suoi familiari, - scrive il gip - e talvolta di conservare la posta, soprattutto quella in uscita, come promemoria delle innumerevoli faccende che gli venivano sottoposte».

Un errore che ha commesso anche la sorella Rosalia che, si legge nella misura cautelare, «ha colpevolmente evitato di distruggere alcuni dei 'pizzini' ricevuti dal fratello o comunque, ne ha trascritto il contenuto su appunti manoscritti e occultati nella sua abitazione a Castelvetrano e nella sua casa di campagna a Contrada Strasatti di Campobello di Mazara». Errori che hanno consentito ai carabinieri di acquisire «preziosissimi elementi probatori da cui potere documentare con certezza il ruolo di tramite e di fedele esecutrice degli ordini del latitante svolto dalla donna nel corso di diversi anni».

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