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Sea Watch pronta a ripartire da Catania: "Dall'Italia ostruzionismo"

La Sea Watch 3 «è pronta a ripartire nel giro di mezzora» ma da parte dell’Italia c'è un ostruzionismo che ha il solo obiettivo di impedire alla nave della Ong tedesca di lasciare il porto di Catania e tornare nel Mediterraneo per proseguire nelle operazioni di ricerca e soccorso dei migranti".

La denuncia arriva da Sea Watch in una conferenza stampa alla Camera durante la quale i rappresentanti della Ong hanno chiesto alle forze politiche una azione «forte e unitaria che si opponga alla cultura politica dominante che sta affogando lo stato di diritto e il diritto alla vita».

Davanti a diversi parlamentari di Leu, al radicale Riccardo Magi e al presidente del Pd Matteo Orfini, la portavoce italiana della Ong Giorgia Linardi ha ricostruito gli eventi e le comunicazioni che hanno portato la Sea Watch3 a Catania, sottolineando come sia stata la stessa procura di Catania a precisare che nelle scelte fatte dal comandante non è stato ravvisato nulla di penalmente rilevante. «Tenerci fuori dai porti - ha aggiunto - è stata una chiara volontà politica».

«Noi siamo pronti a ripartire nel giro di mezzora - ha ripetuto Linardi - Abbiamo fatto una serie di manutenzioni a bordo della nave e oggi pomeriggio avremo a bordo i rappresentanti dell’agenzia di ispezioni internazionali Dnv per verificare su quali delle anomalie segnalate dalla Guardia Costiera dobbiamo intervenire e quali, invece, possono essere rimandate al fermo programmato della nave, in programma il 25 febbraio».

Alle autorità italiane, aggiunge la portavoce della Ong, «mostreremo tutta la certificazione e tutti i documenti, ma chiediamo di non trattare la Sea Watch 3 come una nave commerciale perché altrimenti è evidente una volontà di accanimento nei nostri confronti».

Parole ribadite anche dall’avvocato Alessandro Gamberini. «Allo stato - ha detto - sono state fatte delle prescrizioni, alle quali interverremo con dei rimedi. Ma la sensazione è che ci troviamo davanti ad un ostruzionismo fatto appositamente per impedire la ripartenza della nave».

Il legale ha poi sottolineato, per quanto riguarda la ricerca e il soccorso in mare, che la Guardia Costiera italiana quando riceve segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà, anche se sono in zona Sar libica, «non può lavarsene le mani e rimandare ad un’inesistente Guardia Costiera libica, perché questo configura il reato di omissione di soccorso».

Quanto al fatto che la Sea Watch 3 è rimasta due giorni al largo di Lampedusa prima di puntare verso la Sicilia, Linardi ha ribadito che il comandante si è diretto verso l’isola delle Pelagie su specifica richiesta del procuratore di Agrigento, che voleva sentirlo insieme al capomissione in merito al naufragio avvenuto davanti alla Libia in cui sono morte, secondo le testimonianze dei 3 sopravvissuti, 117 migranti.

«Ma questo non è stato possibile - ha detto Linardi - perché è stato impedito l’accesso alle acque italiane e il procuratore ha dovuto raggiungere la nave, accompagnato dalla Guardia Costiera, in acque internazionali, dove tra l'altro non ha giurisdizione perché la nave è olandese».

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